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Genitori e figlia adolescente seduti insieme all’aperto, che dialogano con calma e affetto, in un momento di ascolto reciproco e connessione familiare.
07 Novembre 2025

 

Genitori, non stupitevi se in questo articolo si parla di voi.
Parlo anche di me, perché sono una di voi.
Non stiamo puntando il dito, ma crescere significa anche imparare a relazionarci con chi ci ha cresciuto. Non nel senso di comandare o ribellarsi, ma di comprendere i limiti, le paure e le aspettative che spesso, senza volerlo, continuano a influenzare i figli anche quando diventano adulti.

Siamo abituati a sentir parlare di genitori che chiedono chiarimenti sui figli, consigli su come educarli, comprenderli, prepararli alle sfide della vita.
Ma molto più raramente ci si chiede il contrario: come i figli, nel loro percorso di crescita, debbano imparare a comportarsi con i genitori.

Già, perché anche i genitori, con le loro ansie, aspettative, paure e rigidità, possono essere una presenza da cui è necessario imparare a prendere le giuste distanze per potersi costruire come individui liberi e autonomi.

Il processo di individuazione, descritto da Erik Erikson come una tappa cruciale dello sviluppo, è quel momento in cui il figlio inizia a costruire la propria identità, a dire “io” senza che questo diventi un tradimento del “noi”… si inizia tra i 12 e 14 anni.
Anche Murray Bowen parlava di differenziazione del Sé: la capacità di mantenere un senso stabile di sé stessi pur restando connessi agli altri.
Quando questa differenziazione è fragile, basta un giudizio, una disapprovazione o una richiesta affettiva per farci sentire in colpa, inadeguati o obbligati a compiacere.

Molti giovani adulti vivono proprio qui la loro sfida più grande: riuscire a rispettare i genitori, accoglierne la storia, ma non farsi definire da essa.
Gestire” i genitori, allora, significa imparare a riconoscere le dinamiche emotive che si attivano nel rapporto con loro, sensi di colpa, bisogno di approvazione, paura del conflitto e usarle come strumenti di consapevolezza, non come catene.

Capire che i genitori non sono infallibili

Quando sei piccolo, i tuoi genitori sono tutto.
Sembrano sapere sempre cosa fare, come proteggerti, come aggiustare le cose.
E per un po’ è giusto che sia così, credere che i propri genitori siano forti e infallibili ci fa sentire al sicuro, è da quella sicurezza che nasce la fiducia nel mondo.

Ma poi, crescendo, qualcosa cambia.
Arrivano i tredici, i quattordici anni, e cominci a percepire piccole crepe: una frase detta male, una reazione esagerata, un consiglio che non ti convince più.
Ti accorgi che anche loro sbagliano, si stancano, si arrabbiano senza motivo.
E quella scoperta può essere difficile, perché toglie un po’ di magia e lascia spazio al dubbio: “Ma allora a chi posso affidarmi davvero?”

La verità è che i genitori non sono infallibili, non lo sono mai stati.
Sono persone, con paure, ferite, fatiche e storie che vengono da molto lontano; ognuno di loro porta dentro un pezzo del proprio passato: come è stato cresciuto, cosa ha ricevuto, cosa gli è mancato e spesso, anche senza volerlo, tende a ripetere con i figli ciò che ha vissuto da figlio.

Quando un genitore è troppo severo, forse ha imparato che la disciplina era l’unico modo per essere accettato.
Quando è troppo protettivo, forse ha conosciuto la paura dell’abbandono.
Quando si arrabbia facilmente, magari sta cercando, malamente, di controllare un’ansia che non riesce a nominare.

Capire tutto questo non serve a giustificare, ma a vedere.
A rendere meno pesanti le loro reazioni ai tuoi occhi, a non prenderle sempre come un giudizio su di te.
Perché molto spesso non parlano davvero di te, ma di loro: della loro storia, del loro modo di amare, del loro tentativo, a volte confuso, a volte impacciato, di proteggerti.

E quando inizi a guardare i tuoi genitori così, non come figure perfette ma come esseri umani, qualcosa si alleggerisce dentro.
Diventa più facile restare te stesso, anche se loro non capiscono tutto, più facile ascoltarli, ma anche mettere un confine, più facile voler loro bene, ma da un posto più libero.

Restare in relazione senza perdersi

Comprendere meglio i propri genitori, significa anche capire che il modo in cui comunichi con loro può cambiare molto le cose.
Non serve alzare la voce o chiudersi in silenzio: servono calma, chiarezza e la capacità di restare centrati su ciò che senti davvero.

Ecco alcune cose che possono aiutarti a restare nella relazione senza perderti:

  1. Ascolta senza rinunciare a te stesso.
    Puoi sentire ciò che dicono, ma ricordarti che la loro opinione non è l’unica verità.
    L’ascolto non è obbedienza: è rispetto reciproco.
  2. Spiega come ti senti, non solo cosa pensi.
    Invece di dire “non è vero” o “non capite niente”, prova con “quando mi dite così mi sento sotto pressione” o “mi fa stare male sentirmi giudicato”.
    Le emozioni parlano più forte delle accuse.
  3. Impara a dire “no” con rispetto.
    Non serve urlare o provocare per farti ascoltare.
    Un “no” detto con calma e con motivazione chiara spesso vale più di cento discussioni.
  4. Non prendere tutto sul personale.
    Quando reagiscono in modo eccessivo, spesso non è davvero con te che ce l’hanno, è con la loro stanchezza, le loro aspettative, o la paura di non sapere più come aiutarti.
  5. Riconosci ciò che di buono c’è.
    Anche se a volte è difficile, prova a vedere i momenti in cui si sforzano, in cui ti ascoltano, in cui c’è un tentativo di avvicinarsi.
    Vederli anche come persone, non solo come genitori, ti aiuta a sentirti meno in guerra e più in dialogo.

Gestire i genitori, alla fine, non è un compito contro di loro, è un modo per imparare a muoverti dentro la relazione con loro.
Significa scegliere ogni giorno chi vuoi essere, anche quando la strada passa attraverso il confronto, la distanza, o il silenzio.

E forse, con il tempo, scoprirai che crescere non è allontanarsi, ma restare legati in un modo nuovo: più vero, più adulto, più tuo.
Imparare a vedere i propri genitori non più solo come figure da cui dipendere, ma come persone da comprendere è un passo importante, persone che, a modo loro, stanno ancora imparando a fare i genitori, esattamente come tu stai imparando a diventare grande.

È giusto apprendere l’arte di restare in relazione senza rinunciare a se stessi, di accogliere le loro fragilità senza farsene schiacciare, di amare anche ciò che non si capisce del tutto.

Se questo tema ti risuona, può essere utile prenderti un momento per parlarne.
A volte comprendere meglio il legame con i propri genitori significa comprendere più a fondo anche se stessi.

 FONTI E RIFERIMENTI

  • Erikson, E. H. (1968). Identity: Youth and Crisis. New York: W. W. Norton & Company.
  • Bowen, M. (1978). Family Therapy in Clinical Practice. New York: Jason Aronson.
  • Steinberg, L. (2005). Cognitive and affective development in adolescence. Trends in Cognitive Sciences, 9(2), 69–74.
  • Bandura, A. (1986). Social Foundations of Thought and Action: A Social Cognitive Theory. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.