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Immagine con la scritta No su foglio kraft, simbolo dell’importanza di dire no senza sensi di colpa e stabilire confini sani nelle relazioni.
25 Settembre 2025

Quante volte abbiamo detto “sì” quando avremmo voluto dire no? Accade sul lavoro, quando un collega ci chiede un favore che non avremmo il tempo di fare, o nella vita personale, quando un amico o un familiare pretendono la nostra disponibilità anche nei momenti in cui avremmo bisogno di riposo. Succede per paura di deludere, per sensi di colpa o per il timore di sembrare egoisti. Eppure, imparare a stabilire confini chiari è un passo fondamentale per proteggere il nostro benessere psicologico e costruire relazioni sane e rispettose.

 

Perché è così difficile dire “no”

Dire sempre di sì ci fa sentire accettati, ma a lungo andare genera frustrazione, stress e perfino risentimento verso gli altri. Non è una questione di cattiva volontà: il bisogno di approvazione e di appartenenza è profondamente radicato nell’essere umano.

Secondo Abraham Maslow (1954), il senso di appartenenza si colloca tra i bisogni fondamentali dell’essere umano, subito dopo quelli fisiologici e di sicurezza. Anche John Bowlby, con la teoria dell’attaccamento, ha mostrato come il legame con gli altri sia innato: cerchiamo vicinanza e riconoscimento sin dall’infanzia, e questa necessità rimane attiva anche in età adulta.

Gli studi di neuroscienze sociali hanno confermato che il bisogno di appartenenza non è solo psicologico, ma ha radici biologiche profonde. Quando una persona si sente esclusa o rifiutata, nel cervello si attivano aree come la corteccia cingolata anteriore dorsale e l’insula anteriore, le stesse coinvolte nel dolore fisico (Eisenberger & Lieberman, 2004). In altre parole, il rifiuto “fa male” non solo emotivamente, ma anche a livello neurobiologico. Al contrario, quando riceviamo approvazione e riconoscimento, entra in gioco il sistema di ricompensa, che rilascia dopamina e ci fa provare benessere. Questo spiega perché l’essere accettati dagli altri sia una necessità fondamentale per l’essere umano. Tuttavia, rinunciare ai propri bisogni per compiacere gli altri finisce col logorare sia noi stessi sia i rapporti che ci stanno più a cuore (HelpGuide, 2023).

 

Cosa sono i confini

In psicologia i confini sono stati descritti da vari autori come linee invisibili che regolano la vicinanza nelle relazioni. Murray Bowen li collegava alla capacità di mantenere la propria identità senza perdersi nell’altro, mentre Salvador Minuchin, psichiatra e psicoterapeuta argentino, considerato il padre della terapia familiare, li vedeva come elementi fondamentali per l’equilibrio delle famiglie: se sono troppo rigidi portano distanza, se troppo labili confusione e fusione. In tutte queste prospettive, i confini non sono muri, ma strumenti fondamentali per regolare le relazioni e renderle sane ed equilibrate.

Le persone con confini rigidi tendono a proteggersi in eccesso. Spesso evitano di aprirsi, di condividere emozioni o di chiedere aiuto; possono apparire autosufficienti, ma in realtà temono di essere ferite o rifiutate. Questa modalità può svilupparsi a seguito di esperienze precoci di rifiuto o tradimento, di modelli familiari molto distaccati, oppure di traumi che hanno insegnato che “esporsi” è pericoloso.

Chi ha confini labili, al contrario, tende a confondersi con l’altro. Queste persone dicono quasi sempre “sì”, faticano a opporsi, si sentono responsabili dei bisogni altrui e arrivano a tollerare comportamenti invadenti o irrispettosi. Spesso alle spalle ci sono famiglie invischianti, in cui non era concesso avere un’opinione autonoma, oppure la paura dell’abbandono e una bassa autostima che rafforzano l’idea che il proprio valore dipenda dall’approvazione degli altri.

Chi invece ha confini sani, riesce a equilibrare apertura e protezione. Sa dire sì o no in base ai propri bisogni, rispetta sé stesso e l’altro, e mantiene uno spazio personale senza isolarsi. Questa capacità nasce da esperienze di relazioni sufficientemente sicure, che hanno insegnato a fidarsi degli altri senza rinunciare alla propria individualità.

 

Come dire no senza sensi di colpa

Dire no non è sempre semplice, ma può diventare più naturale con esercizio e consapevolezza.

  1. Ascolta te stesso: chiediti quali sono i tuoi bisogni e valori. Dire no diventa più naturale se sai cosa stai proteggendo.
  2. Usa messaggi in prima persona: frasi come “In questo momento non posso” o “Per me è importante rispettare questo limite” permettono di esprimere un confine senza accusare l’altro.
  3. Pratica piccoli passi: comincia da un no semplice e quotidiano (ad esempio: “Stasera non posso uscire, ho bisogno di riposare”), poi aumenta gradualmente.
  4. Accetta il senso di colpa: è normale provarlo, ma non significa che stai sbagliando; al contrario, spesso è segnale che stai imparando a prenderti cura di te in un modo nuovo.

Un esempio concreto? Se un collega ti chiede di sostituirlo l’ennesima volta, invece di dire un sì forzato puoi rispondere: “Capisco la tua necessità, ma questa volta non riesco a occuparmene. Ho già altre priorità da gestire”. È un no chiaro, rispettoso e senza bisogno di giustificazioni eccessive.

Gli studi evidenziano che imparare a porre limiti chiari riduce stress e ansia e aumenta la qualità delle relazioni (Simply Psychology, 2023).

 

Quando gli altri non rispettano i nostri confini

Può accadere che chi ci sta vicino non comprenda subito il nostro bisogno di dire no. Questo non deve farci rinunciare: la coerenza è ciò che insegna agli altri a rispettarci. Se le nostre scelte creano un conflitto relazionale, significa che forse per troppo tempo abbiamo rinunciato a noi stessi e siamo stati accondiscendenti per mantenere un’apparente armonia.

Un buon esercizio per iniziare, è chiedersi: “Qual è un no che non ho mai avuto il coraggio di dire?”. Scriverlo nero su bianco può essere il primo passo per trasformarlo in realtà. Perché ogni “no” detto con rispetto verso sé stessi è, in fondo, un sì alla propria salute emotiva e alle relazioni più autentiche.

Se ti sei riconosciuto in alcuni di questi esempi e senti il bisogno di lavorare sui tuoi confini, ricorda che non sei solo: uno spazio di ascolto e confronto può aiutarti a trovare nuovi modi di proteggere te stesso senza rinunciare alla vicinanza con gli altri.

Se vuoi approfondire o iniziare un percorso di consapevolezza su questo tema, contattami per un colloquio: insieme possiamo costruire confini più sani e liberanti.

FONTI E RIFERIMENTI

  • Bowlby, J. (1988). A secure base: Parent-child attachment and healthy human development. Basic Books.
  • Bowen, M. (1978). Family therapy in clinical practice. Jason Aronson.
  • Eisenberger, N. I., & Lieberman, M. D. (2004). Why rejection hurts: A common neural alarm system for physical and social pain. Trends in Cognitive Sciences, 8(7), 294–300. Leggi Articolo
  • HelpGuide. (2023). Setting healthy boundaries: How to set, communicate, and enforce limits. Leggi Articolo
  • Maslow, A. H. (1954). Motivation and personality. Harper & Row.
  • Mayo Clinic Health System. (2022). Setting boundaries for well-being. Leggi Articolo
  • Minuchin, S. (1974). Families and family therapy. Harvard University Press.
  • Simply Psychology. (2023). Personal boundaries: Types and how to set them. Leggi Articolo