Loading...
Donna che si guarda allo specchio con un sorriso autentico, simbolo di autostima, accettazione di sé e consapevolezza emotiva.
09 Ottobre 2025

“Quando ci conosciamo e ci accettiamo per quello che siamo, smettiamo di cercare approvazione e iniziamo a vivere con più coraggio.”
— Brené Brown, Atlas of the Heart (2021)

Ti è mai capitato di sentirti dire che ti manca autostima, anche se in realtà in alcuni contesti ti senti sicuro di te? L’autostima è una parola che usiamo spesso, ma raramente sappiamo davvero cosa significa. C’è chi la confonde con arroganza, chi con sicurezza assoluta, chi pensa che significhi non sbagliare mai. In questo articolo proviamo a fare chiarezza: cos’è l’autostima, cosa non è e da dove nasce.

Le origini dell’autostima

L’autostima non è qualcosa con cui nasciamo già definita: si costruisce passo dopo passo, a partire dalle prime relazioni della nostra vita. Fin da bambini impariamo a percepire il nostro valore attraverso lo sguardo e le parole delle persone che si prendono cura di noi. Quando ci sentiamo accolti e riconosciuti, cresce dentro di noi la sensazione di avere un valore intrinseco; se invece prevalgono critiche e svalutazioni, rischiamo di interiorizzare un senso di inadeguatezza.

Anche le esperienze scolastiche e sociali giocano un ruolo fondamentale. Gli insegnanti, i compagni di classe, le prime amicizie e i piccoli successi quotidiani diventano specchi in cui impariamo a vederci. Ogni incoraggiamento, così come ogni fallimento, contribuisce a rafforzare o indebolire la fiducia in sé stessi.

Con il tempo, la società e la cultura in cui viviamo aggiungono un altro strato: spesso il nostro valore viene misurato in base ai risultati ottenuti, all’aspetto fisico o al riconoscimento sociale. Questo può far nascere un’autostima fragile, troppo dipendente dall’approvazione esterna.

Come scrive Susan David in Emotional Agility (2016): “Il modo in cui impariamo a rapportarci alle nostre emozioni fin da piccoli plasma la voce interiore che ci accompagna per tutta la vita.” È quella voce, nutrita dalle esperienze, che ci aiuta a costruire un senso di valore stabile e autentico.

Cosa non è l’autostima

Quando parliamo di autostima, rischiamo spesso di confonderla con altro. Per molti, avere autostima significa essere sempre sicuri di sé, non avere dubbi, mostrarsi forti in ogni occasione. In realtà, l’autostima non è questo.

L’autostima non è arroganza. Non ha a che fare con il sentirsi migliori degli altri o con il bisogno di dimostrare superiorità. Al contrario, chi ostenta e si vanta continuamente spesso nasconde proprio una fragilità nel senso di sé.

L’autostima non significa non avere mai paura o incertezze. Tutti proviamo momenti di insicurezza o smarrimento: la differenza sta nel non lasciare che queste sensazioni ci definiscano come persone.

Ma soprattutto, l’autostima non è perfezione! Non riguarda il riuscire sempre, il non sbagliare mai o l’essere impeccabili. Anzi, saper riconoscere i propri limiti senza svalutarsi è uno dei segni più chiari di un’autostima sana.

Come ricorda Brené Brown in The Gifts of Imperfection (2010): “L’autostima non è sentirsi meglio degli altri, ma sapere di avere un valore intrinseco.” È questa la chiave: non una vetta da conquistare, ma un senso di dignità che ci accompagna anche quando inciampiamo.

Autostima, autoefficacia e fiducia in sé: non sono la stessa cosa

Spesso usiamo queste parole come se fossero sinonimi, ma in realtà indicano aspetti diversi del nostro modo di percepirci.

L’autostima riguarda il valore che attribuiamo a noi stessi in generale. È la sensazione di valere, di meritare rispetto e di essere degni di amore, indipendentemente dai risultati che otteniamo.

L’autoefficacia, invece, è un concetto introdotto dallo psicologo Albert Bandura e riguarda la convinzione di saper affrontare con successo un compito o una situazione specifica. Una persona può avere una buona autostima, ma sentirsi poco efficace, ad esempio, in matematica o nel parlare in pubblico.

Come scrive Amy Cuddy in Presence (2015): “La vera fiducia nasce non dal convincere gli altri, ma dall’allinearci con chi siamo davvero.” Una frase che ci ricorda quanto la fiducia in sé non sia una maschera da indossare, ma qualcosa che cresce quando smettiamo di forzarci e impariamo ad accettarci.

Come valutare la tua autostima: 3 spunti da cui partire

Ascolta il tuo dialogo interiore. Ti capita più spesso di incoraggiarti o di criticarti? Le parole che usi con te stesso sono un buon indicatore del livello di autostima.

Nota come reagisci agli errori. Un insuccesso ti paralizza e ti fa sentire “sbagliato”, oppure lo consideri un’occasione per imparare? La capacità di tollerare gli errori senza svalutarsi è un segnale importante di autostima sana.

Osserva le tue relazioni. Ti senti libero di dire no e di esprimere opinioni diverse, o cerchi sempre approvazione? Il modo in cui ti poni con gli altri riflette spesso quanto valore attribuisci a te stesso e alla tua fiducia in te stesso.

Riconoscere questi segnali è solo il primo passo: lavorare sull’autostima richiede tempo, consapevolezza e spesso uno spazio protetto in cui esplorare emozioni e schemi di pensiero. Se senti che la tua autostima ti limita nelle relazioni, nel lavoro o nel benessere quotidiano, la terapia psicologica può offrirti gli strumenti per riscoprire fiducia in te stesso e valore personale.

FONTI E RIFERIMENTI

  • Albert Bandura (2000), Autoefficacia: Teoria e applicazioni, Erickson, Trento.
  • Nathaniel Branden (2001), I sei pilastri dell’autostima, Corbaccio, Milano.
  • Brené Brown (2017), I doni dell’imperfezione, Ultra, Milano.
  • Brené Brown (2022), Atlas of the Heart: Mapping Meaningful Connection and the Language of Human Experience, Random House, New York.
  • Amy Cuddy (2015), Presence: Bringing Your Boldest Self to Your Biggest Challenges, Little, Brown Spark, New York.
  • David Susan (2019), Agilità emotiva. Liberati dalle abitudini, affronta il cambiamento e prospera nella vita e nel lavoro, Milano, Franco Angeli